20.12.04
4. L'indebolimento dello Stato
Lo statalismo autoritario non corrisponde a un rafforzamento univoco dello Stato: esso ricopre il doppio aspetto rafforzamento-indebolimento dello Stato, nella misura in cui le trasformazioni che lo caratterizzano accentuano gli elementi generici di crisi politica. Esso e' anche una risposta dello Stato a questa accentuazione, ossia alla sua crisi specifica la' dove questa ha effettivamente luogo. Indebolimento e crisi che offrono alla sinistra possibilita' nuove.
1. Se la trasformazione del ruolo dell'amministrazione conduce alla sua politicizzazione diretta, tale politicizzazione e' pero' a doppio senso. Se essa si produce, in modo prioritario e massiccio nelle alte sfere della amministrazione, dalla parte della maggioranza governativa e in favore della destra, si produce anche, in seno alla stesse sfere dell'alta amministrazione, a sinistra. E cio' per varie ragioni: l'amministrazione resta ancora fortemente segnata dall'ideologia dell'interesse generale. Fino a poco tempo fa, la distinzione relativa delle sfere di competenza tra atti amministrativi e decisioni politiche serviva ancora a nutrire le illusioni autogiustificatrici dell'amministrazione sulla sua neutralita' politica, di fronte all'egemonia massiccia del capitale monopolistico: le cose ormai non vanno piu' in questo modo. Il trasferimento dei meccanismi politici di questa egemonia in seno all'amministrazione scuote bruscamente quella illusione e conduce a differenziazioni e polarizzazioni politiche importanti. Certo, la ideologia giuridico-politica dell'interesse generale cede il posto all'ideologia tecnocratica dell'efficienza, del progresso economico, dell'abbondanza e del benessere. Ma a sua volta questa ideologia non puo' funzionare come cemento interno dell'amministrazione se non a patto che il processo economico mantenga certe apparenze di neutralita' tecnica, cosa attualmente sempre piu' difficile. L'ideologia tecnocratica di uno Stato garante dell'efficienza e del benessere, fondamento dello Stato postkeynesiano, e' radicalmente posta in causa dalla crisi economica che segna la fase attuale del capitalismo. Una parte dell'alta amministrazione e' cosciente delle cause politiche del suo fallimento storico, della sua incapacita' di prevedere, stroncare o gestire la crisi economica. Per non parlare dei sismi provocati, all'interno di un'amministrazione attaccata all'interesse nazionale, dagli strappi alla sovranita' della nazione imposti dalla internazionalizzazione del capitale e accentuati in periodi di crisi (il rifugiarsi dei governi europei sotto l'ombrello americano). Di qui il distacco netto dalla egemonia politica, con tutte le ambiguita' e i limiti gia' segnalati nella prima parte di questo testo. Si sa d'altronde che in Francia non pochi membri dell'alta amministrazione, dei grandi corpi dello Stato e delle grandi scuole si trovano attualmente nel partito socialista. Evoluzione tanto piu' significativa in quanto e' andata di pari passo con la radicalizzazione a sinistra di questo partito (congresso d'Epinay) e che non si puo' spiegare solamente, ne' principalmente, con l'opportunismo di un'alta amministrazione che si preparerebbe a "saltare sul piatto" nell'eventualita' di una vittoria della sinistra (sebbene una motivazione del genere non sia poi completamente da scartare, tenuto conto del blocco della circolazione delle "e'lite" da parte dello Stato-Udr giscardiano).
Ma le ragioni di questa politicizzazione vanno ancora piu' lontano: si riferiscono alle modificazioni istituzionali indotte dal controllo politico dell'amministrazione da parte dei vertici dell'esecutivo, modificazioni che dal personale sono viste come una minaccia dei suoi privilegi corporativi tradizionali. Lo scavalcamento della gerarchia burocratica da parte dei gabinetti ministeriali o delle reti orizzontali controllate dai vertici dell'esecutivo, le trasgressioni considerevoli ad opera della politica governativa delle garanzie statutarie della funzione pubblica, � regole fisse di carriera, di promozione, ecc., � la penetrazione diretta del partito dominante in seno all'amministrazione sono altrettanti motivi del distacco di una parte dell'alta amministrazione dai vertici dell'esecutivo nello Stato autoritario. Anche se, ancora una volta, tale distacco e' ambiguo e segnato da limiti specifici.
Questo fenomeno e' molto piu' diffuso ai gradi intermedi e subalterni dell'amministrazione, dove riveste talvolta la forma di una massiccia politicizzazione a sinistra di ampi settori del personale statale. Una prima ragione del fenomeno in questione risiede nelle modificazioni intervenute nella materialita' dello Stato. Il considerevole deterioramento delle condizioni di vita (salari, pensioni, ecc.) e dei diversi privilegi del Beamtentum tradizionale (minaccia della sicurezza dell'impiego a causa dell'estensione massiccia del personale contrattuale, mobilita' del personale esecutivo, blocco delle carriere, ecc.), correlativo all'estensione senza precedenti dell'apparato statale, e' solo uno degli aspetti del fenomeno. Molto piu' importanti sono le nuove forme di riproduzione della divisione sociale del lavoro in seno all'apparato istituzionale nel suo complesso {Cfr. specialmente il contributo di A. Cottereau, nell'opera collettiva L'administration, 1974.}. L'estensione di questo apparato, il suo ruolo economico-sociale e politico attuale conducono a un approfondimento della divisione tendenziale lavoro intellettuale-lavoro manuale, cosi' come essa si produce specificamente in seno allo stesso lavoro intellettuale incarnato dallo Stato; processo correlativo all'approfondimento, sotto forme nuove, della divisione generale del lavoro intellettuale-lavoro manuale nell'insieme della societa' e soprattutto nel lavoro produttivo. L'approfondimento di questa divisione sociale assume entro l'apparato statale l'aspetto di un distanziamento crescente tra i lavori (gradi) di concetto-direttivi e quelli esecutivi, della scomposizione delle mansioni subalterne in sottomansioni ripetitive, di una concentrazione accentuata del sapere-potere ai vertici dell'apparato, della monopolizzazione del segreto burocratico da parte di cerchie dirigenti sempre piu' ristrette, dell'autoritarismo disciplinare accresciuto in seno all'apparato stesso. Questa divisione prende corpo in talune trasformazioni precise del processo di lavoro amministrativo: introduzione di nuovi metodi di valutazione e di controllo del rendimento, progressi della meccanizzazione del lavoro e dei sistemi informatici, sviluppo delle cosiddette tecniche di razionalizzazione delle scelte di bilancio (Rsb) e di direzione partecipativa per obiettivi (Dpo). Misure che, sotto l'aspetto tecnico, corrispondono sia all'aumento della produttivita' del lavoro amministrativo, sia al controllo e al dominio politico dell'immensa macchina burocratica da parte dei vertici dell'esecutivo. Questa evoluzione, che accompagna lo scollamento dell'ideologia dell'interesse generale che cementava l'unita' verticale del dispositivo amministrativo, contribuisce alla politicizzazione a sinistra di una parte importante del personale intermedio e subalterno dell'apparato statale, e ne crea in ogni modo la base materiale.
Ma le ragioni piu' profonde del distanziarsi di ampie parti dell'amministrazione dalla politica governativa risiedono nella lotta delle classi popolari. Oggi piu' che mai questa lotta attraversa l'apparato statale.
Essa colpisce l'amministrazione molto piu' direttamente di prima, poiche' si estende a vasti settori della nuova piccola borghesia, quella degli strati medi salariati (impiegati di commercio, di banca, dipendenti delle assicurazioni, professioni liberali, intellettuali in senso lato, ecc.). La nuova piccola borghesia partecipa ormai attivamente alle lotte popolari, soprattutto a quelle relative alle sfere del consumo collettivo e alla "qualita'" della vita (salute, casa, trasporti, quadro ecologico, ecc.): per le sue condizioni materiali d'esistenza, essa e' particolarmente sensibile a queste rivendicazioni. Le lotte della nuova piccola borghesia rinviano alle incrinature e anche alla rottura dell'alleanza tra borghesia e piccola borghesia, piu' esattamente tra capitale monopolistico e nuova piccola borghesia salariata. Ora, se la lotta della classe operaia produce certamente i suoi effetti in seno all'amministrazione statale, le lotte della piccola borghesia la attraversano in maniera molto piu' diretta, soprattutto ai gradi intermedi e subalterni: e non solamente, ne' principalmente, a causa dell'origine di classe per lo piu' piccolo-borghese di questi gradi, ma a causa soprattutto della loro determinazione di classe piccolo-borghese. La storia intera del capitalismo lo dimostra: una crisi dell'alleanza borghesia-piccola borghesia in seno alla societa' si traduce in una crisi di questa alleanza in seno allo Stato stesso. I suoi apparati, e in primo luogo il suo dispositivo amministrativo, cristallizzano spesso un'alleanza tra la borghesia e la piccola borghesia: specialmente l'alleanza tra i vertici borghesi e i gradi intermedi e subalterni piccolo-borghesi. La crisi di tale alleanza in seno alla societa' induce una rottura interna allo Stato, e s'esprime spesso sotto forma di fratture tra i vertici e gli altri gradi amministrativi.
D'altro canto, le lotte popolari prendono sempre piu' di mira l'apparato statale. Dati il ritiro attuale dei partiti politici dagli avamposti del potere e la penetrazione capillare dello Stato in sfere sempre piu' estese dell'attivita' sociale, il dispositivo amministrativo e' esposto apertamente alle rivendicazioni popolari, attanagliato tra i vertici governativi e le lotte sociali. Viene impiegato dal potere come distaccamento d'avanguardia contro le masse popolari, ma anche come capro espiatorio delle sconfitte della sua politica attribuite disinvoltamente, e a seconda dei casi, alle "resistenze delle strutture" e alle "goffaggini burocratiche", all'eccesso di zelo, alla "inumanita'" e alla "incomprensione" dei funzionari. Giustificazioni che il potere puo' attualmente esibire con un minimo di credibilita', fondate come sono sul ruolo politico che esso stesso ha attribuito all'amministrazione. Posto di fronte alle lotte popolari multiformi con cui ormai deve misurarsi e di cui e' diventato il bersaglio, sempre meno l'apparato amministrativo puo' trovare scampo dietro lo schermo di sicurezza dell'"arbitrato neutrale" al di sopra delle classi, su cui peraltro neppure esso fa piu' tanto affidamento. La crisi di consenso nelle masse popolari nei confronti dell'apparato statale si esprime in seno all'amministrazione come crisi indotta di legittimazione; dato che l'amministrazione statale non e' piu' legittimata, ideologicamente coperta dai partiti politici o dagli apparati ideologici (scuola, famiglia, ecc.), ma incaricata in permanenza di elaborare, riprodurre, inculcare l'ideologia dominante e generare il consenso. L'amministrazione-burocrazia statale polarizza ormai delle domande di legittimazione alle quali sempre meno puo' rispondere. I deficit di legittimazione rispetto alle masse popolari concorrono ai cambiamenti politici da cui e' investita.
2. Il secondo fattore d'indebolimento dello Stato concerne l'elaborazione della politica governativa nell'apparato amministrativo. Malgrado tutti i palliativi (controllo politico dell'amministrazione, partito dominante), l'amministrazione non puo', per la sua natura, assolvere il ruolo d'organizzazione dell'egemonia alla stessa maniera dei partiti politici. Il funzionamento organico e operativo di un sistema di partiti permette una organizzazione quasi lineare dei rapporti di forze in seno al blocco al potere, una regolamentazione dei conflitti interni fra le sue frazioni, l'espressione flessibile e fluida delle modificazioni di questi rapporti di forze nella politica governativa, l'instaurazione di una politica a lungo termine che condensi l'interesse politico generale di questo blocco, in breve l'organizzazione dell'egemonia mediante le rappresentanze autonome delle sue diverse frazioni. La necessita', per l'egemonia del capitale monopolistico, di uno spostamento di questo ruolo verso l'amministrazione comporta necessariamente anche considerevoli svantaggi per questa egemonia rispetto alle altre componenti del blocco al potere. Considerata la natura stessa delle procedure amministrative, il regolamento dei conflitti e la distribuzione dei compromessi in seno al blocco al potere avvengono sempre piu' in modo non lineare, in modo occulto, a scatti, per scontri diretti tra sottoapparati e sottoburocrazie amministrative, per mercanteggiamenti occasionali e a breve termine. Tutto cio' concorre all'incoerenza tipica della politica governativa attuale, alla mancanza di una strategia articolata e a lungo termine del blocco al potere, al pilotaggio senza strumenti, alla mancanza anche di un progetto politico-ideologico globale, un "progetto di societa'": caratteristiche fortemente pericolose per la egemonia di classe.
Inoltre: la rifrazione della rappresentativita' delle componenti del blocco al potere nei sottoinsiemi amministrativi non solo accentua le contraddizioni interne dell'amministrazione, polarizzando politicamente i frazionamenti corporativi-istituzionali propri della burocrazia statale (grandi corpi dello Stato, ministeri vari, branche dell'amministrazione), ma innesca anche un processo inverso. Questi frazionamenti si innestano strettamente sulle prese di decisione e amplificano considerevolmente le contraddizioni derivanti dalla politicizzazione dell'amministrazione: le contese fra clan, fazioni e feudi vanno ad aggiungersi alle divisioni politiche. Sicche', le contese amministrative si trasformano in divisioni politiche e provocano all'interno dello Stato dei sismi che mettono in causa il suo ruolo d'organizzatore dell'egemonia. A tal punto che l'immagine tradizionale del cretinismo parlamentare, l'immagine dei rappresentanti della borghesia che si esauriscono in dispute bizantine, corporative, secondarie e perdono di vista il loro ruolo di organizzatori politici, diventa troppo debole per caratterizzare la situazione attuale, che e' una situazione di fragilita' amministrativa veramente inedita: situazione che a sua volta destabilizza considerevolmente l'egemonia.
Tutto cio' non concerne solamente l'apparato amministrativo in senso stretto, cioe' l'amministrazione civile, quella che detiene il ruolo politico centrale. Nel contesto delle trasformazioni piu' generali che caratterizzano lo statalismo autoritario, tratti analoghi appaiono nel complesso degli apparati di Stato e dei loro funzionari: giustizia, polizia, esercito, scuola, ecc. Data l'unita' istituzionale propria dello Stato, lo spostamento del centro decisionale politico verso l'amministrazione civile produce degli effetti anche in questi altri apparati, che vengono cosi' attratti nell'orbita della politicizzazione degli apparati di Stato e trasformati in sotto-luoghi di decisione politici nell'ambito della loro sfera di competenza. Le nuove contraddizioni che contrassegnano l'amministrazione civile si ripercuotono cosi' nel complesso degli organi dello Stato.
3. Infine lo statalismo autoritario genera da parte sua nuove forme di lotta popolare. Si constata ovunque, nei paesi che ci interessano, l'emergere di lotte che mirano all'esercizio di una democrazia diretta e di base. Queste lotte sono caratterizzate da un antistatalismo tipico e si esprimono in un formicolio di focolai d'autogestione e di reti d'intervento diretto delle masse nelle decisioni che le concernono: dai comitati di cittadini fino ai comitati di quartiere, passando per i diversi dispositivi d'autodifesa e di controllo popolare, il fenomeno e' impressionante e veramente inedito, tenuto conto del suo carattere di massa. Anche se questo movimento si pone "a distanza" dallo Stato, pure produce degli effetti considerevoli di dislocazione in seno allo Stato. Fenomeno che caratterizza sia le lotte politiche piu' tradizionali sia specialmente le nuove lotte: movimento delle donne, movimento ecologico, lotte per la qualita' della vita. Lo statalismo autoritario non solo non riesce a incasellare le masse nel suo tessuto disciplinare, ossia a "integrare" effettivamente queste masse nei suoi circuiti autoritari, ma provoca una rivendicazione generalizzata di democrazia diretta e di base, un'autentica esplosione di esigenze democratiche.
1. Se la trasformazione del ruolo dell'amministrazione conduce alla sua politicizzazione diretta, tale politicizzazione e' pero' a doppio senso. Se essa si produce, in modo prioritario e massiccio nelle alte sfere della amministrazione, dalla parte della maggioranza governativa e in favore della destra, si produce anche, in seno alla stesse sfere dell'alta amministrazione, a sinistra. E cio' per varie ragioni: l'amministrazione resta ancora fortemente segnata dall'ideologia dell'interesse generale. Fino a poco tempo fa, la distinzione relativa delle sfere di competenza tra atti amministrativi e decisioni politiche serviva ancora a nutrire le illusioni autogiustificatrici dell'amministrazione sulla sua neutralita' politica, di fronte all'egemonia massiccia del capitale monopolistico: le cose ormai non vanno piu' in questo modo. Il trasferimento dei meccanismi politici di questa egemonia in seno all'amministrazione scuote bruscamente quella illusione e conduce a differenziazioni e polarizzazioni politiche importanti. Certo, la ideologia giuridico-politica dell'interesse generale cede il posto all'ideologia tecnocratica dell'efficienza, del progresso economico, dell'abbondanza e del benessere. Ma a sua volta questa ideologia non puo' funzionare come cemento interno dell'amministrazione se non a patto che il processo economico mantenga certe apparenze di neutralita' tecnica, cosa attualmente sempre piu' difficile. L'ideologia tecnocratica di uno Stato garante dell'efficienza e del benessere, fondamento dello Stato postkeynesiano, e' radicalmente posta in causa dalla crisi economica che segna la fase attuale del capitalismo. Una parte dell'alta amministrazione e' cosciente delle cause politiche del suo fallimento storico, della sua incapacita' di prevedere, stroncare o gestire la crisi economica. Per non parlare dei sismi provocati, all'interno di un'amministrazione attaccata all'interesse nazionale, dagli strappi alla sovranita' della nazione imposti dalla internazionalizzazione del capitale e accentuati in periodi di crisi (il rifugiarsi dei governi europei sotto l'ombrello americano). Di qui il distacco netto dalla egemonia politica, con tutte le ambiguita' e i limiti gia' segnalati nella prima parte di questo testo. Si sa d'altronde che in Francia non pochi membri dell'alta amministrazione, dei grandi corpi dello Stato e delle grandi scuole si trovano attualmente nel partito socialista. Evoluzione tanto piu' significativa in quanto e' andata di pari passo con la radicalizzazione a sinistra di questo partito (congresso d'Epinay) e che non si puo' spiegare solamente, ne' principalmente, con l'opportunismo di un'alta amministrazione che si preparerebbe a "saltare sul piatto" nell'eventualita' di una vittoria della sinistra (sebbene una motivazione del genere non sia poi completamente da scartare, tenuto conto del blocco della circolazione delle "e'lite" da parte dello Stato-Udr giscardiano).
Ma le ragioni di questa politicizzazione vanno ancora piu' lontano: si riferiscono alle modificazioni istituzionali indotte dal controllo politico dell'amministrazione da parte dei vertici dell'esecutivo, modificazioni che dal personale sono viste come una minaccia dei suoi privilegi corporativi tradizionali. Lo scavalcamento della gerarchia burocratica da parte dei gabinetti ministeriali o delle reti orizzontali controllate dai vertici dell'esecutivo, le trasgressioni considerevoli ad opera della politica governativa delle garanzie statutarie della funzione pubblica, � regole fisse di carriera, di promozione, ecc., � la penetrazione diretta del partito dominante in seno all'amministrazione sono altrettanti motivi del distacco di una parte dell'alta amministrazione dai vertici dell'esecutivo nello Stato autoritario. Anche se, ancora una volta, tale distacco e' ambiguo e segnato da limiti specifici.
Questo fenomeno e' molto piu' diffuso ai gradi intermedi e subalterni dell'amministrazione, dove riveste talvolta la forma di una massiccia politicizzazione a sinistra di ampi settori del personale statale. Una prima ragione del fenomeno in questione risiede nelle modificazioni intervenute nella materialita' dello Stato. Il considerevole deterioramento delle condizioni di vita (salari, pensioni, ecc.) e dei diversi privilegi del Beamtentum tradizionale (minaccia della sicurezza dell'impiego a causa dell'estensione massiccia del personale contrattuale, mobilita' del personale esecutivo, blocco delle carriere, ecc.), correlativo all'estensione senza precedenti dell'apparato statale, e' solo uno degli aspetti del fenomeno. Molto piu' importanti sono le nuove forme di riproduzione della divisione sociale del lavoro in seno all'apparato istituzionale nel suo complesso {Cfr. specialmente il contributo di A. Cottereau, nell'opera collettiva L'administration, 1974.}. L'estensione di questo apparato, il suo ruolo economico-sociale e politico attuale conducono a un approfondimento della divisione tendenziale lavoro intellettuale-lavoro manuale, cosi' come essa si produce specificamente in seno allo stesso lavoro intellettuale incarnato dallo Stato; processo correlativo all'approfondimento, sotto forme nuove, della divisione generale del lavoro intellettuale-lavoro manuale nell'insieme della societa' e soprattutto nel lavoro produttivo. L'approfondimento di questa divisione sociale assume entro l'apparato statale l'aspetto di un distanziamento crescente tra i lavori (gradi) di concetto-direttivi e quelli esecutivi, della scomposizione delle mansioni subalterne in sottomansioni ripetitive, di una concentrazione accentuata del sapere-potere ai vertici dell'apparato, della monopolizzazione del segreto burocratico da parte di cerchie dirigenti sempre piu' ristrette, dell'autoritarismo disciplinare accresciuto in seno all'apparato stesso. Questa divisione prende corpo in talune trasformazioni precise del processo di lavoro amministrativo: introduzione di nuovi metodi di valutazione e di controllo del rendimento, progressi della meccanizzazione del lavoro e dei sistemi informatici, sviluppo delle cosiddette tecniche di razionalizzazione delle scelte di bilancio (Rsb) e di direzione partecipativa per obiettivi (Dpo). Misure che, sotto l'aspetto tecnico, corrispondono sia all'aumento della produttivita' del lavoro amministrativo, sia al controllo e al dominio politico dell'immensa macchina burocratica da parte dei vertici dell'esecutivo. Questa evoluzione, che accompagna lo scollamento dell'ideologia dell'interesse generale che cementava l'unita' verticale del dispositivo amministrativo, contribuisce alla politicizzazione a sinistra di una parte importante del personale intermedio e subalterno dell'apparato statale, e ne crea in ogni modo la base materiale.
Ma le ragioni piu' profonde del distanziarsi di ampie parti dell'amministrazione dalla politica governativa risiedono nella lotta delle classi popolari. Oggi piu' che mai questa lotta attraversa l'apparato statale.
Essa colpisce l'amministrazione molto piu' direttamente di prima, poiche' si estende a vasti settori della nuova piccola borghesia, quella degli strati medi salariati (impiegati di commercio, di banca, dipendenti delle assicurazioni, professioni liberali, intellettuali in senso lato, ecc.). La nuova piccola borghesia partecipa ormai attivamente alle lotte popolari, soprattutto a quelle relative alle sfere del consumo collettivo e alla "qualita'" della vita (salute, casa, trasporti, quadro ecologico, ecc.): per le sue condizioni materiali d'esistenza, essa e' particolarmente sensibile a queste rivendicazioni. Le lotte della nuova piccola borghesia rinviano alle incrinature e anche alla rottura dell'alleanza tra borghesia e piccola borghesia, piu' esattamente tra capitale monopolistico e nuova piccola borghesia salariata. Ora, se la lotta della classe operaia produce certamente i suoi effetti in seno all'amministrazione statale, le lotte della piccola borghesia la attraversano in maniera molto piu' diretta, soprattutto ai gradi intermedi e subalterni: e non solamente, ne' principalmente, a causa dell'origine di classe per lo piu' piccolo-borghese di questi gradi, ma a causa soprattutto della loro determinazione di classe piccolo-borghese. La storia intera del capitalismo lo dimostra: una crisi dell'alleanza borghesia-piccola borghesia in seno alla societa' si traduce in una crisi di questa alleanza in seno allo Stato stesso. I suoi apparati, e in primo luogo il suo dispositivo amministrativo, cristallizzano spesso un'alleanza tra la borghesia e la piccola borghesia: specialmente l'alleanza tra i vertici borghesi e i gradi intermedi e subalterni piccolo-borghesi. La crisi di tale alleanza in seno alla societa' induce una rottura interna allo Stato, e s'esprime spesso sotto forma di fratture tra i vertici e gli altri gradi amministrativi.
D'altro canto, le lotte popolari prendono sempre piu' di mira l'apparato statale. Dati il ritiro attuale dei partiti politici dagli avamposti del potere e la penetrazione capillare dello Stato in sfere sempre piu' estese dell'attivita' sociale, il dispositivo amministrativo e' esposto apertamente alle rivendicazioni popolari, attanagliato tra i vertici governativi e le lotte sociali. Viene impiegato dal potere come distaccamento d'avanguardia contro le masse popolari, ma anche come capro espiatorio delle sconfitte della sua politica attribuite disinvoltamente, e a seconda dei casi, alle "resistenze delle strutture" e alle "goffaggini burocratiche", all'eccesso di zelo, alla "inumanita'" e alla "incomprensione" dei funzionari. Giustificazioni che il potere puo' attualmente esibire con un minimo di credibilita', fondate come sono sul ruolo politico che esso stesso ha attribuito all'amministrazione. Posto di fronte alle lotte popolari multiformi con cui ormai deve misurarsi e di cui e' diventato il bersaglio, sempre meno l'apparato amministrativo puo' trovare scampo dietro lo schermo di sicurezza dell'"arbitrato neutrale" al di sopra delle classi, su cui peraltro neppure esso fa piu' tanto affidamento. La crisi di consenso nelle masse popolari nei confronti dell'apparato statale si esprime in seno all'amministrazione come crisi indotta di legittimazione; dato che l'amministrazione statale non e' piu' legittimata, ideologicamente coperta dai partiti politici o dagli apparati ideologici (scuola, famiglia, ecc.), ma incaricata in permanenza di elaborare, riprodurre, inculcare l'ideologia dominante e generare il consenso. L'amministrazione-burocrazia statale polarizza ormai delle domande di legittimazione alle quali sempre meno puo' rispondere. I deficit di legittimazione rispetto alle masse popolari concorrono ai cambiamenti politici da cui e' investita.
2. Il secondo fattore d'indebolimento dello Stato concerne l'elaborazione della politica governativa nell'apparato amministrativo. Malgrado tutti i palliativi (controllo politico dell'amministrazione, partito dominante), l'amministrazione non puo', per la sua natura, assolvere il ruolo d'organizzazione dell'egemonia alla stessa maniera dei partiti politici. Il funzionamento organico e operativo di un sistema di partiti permette una organizzazione quasi lineare dei rapporti di forze in seno al blocco al potere, una regolamentazione dei conflitti interni fra le sue frazioni, l'espressione flessibile e fluida delle modificazioni di questi rapporti di forze nella politica governativa, l'instaurazione di una politica a lungo termine che condensi l'interesse politico generale di questo blocco, in breve l'organizzazione dell'egemonia mediante le rappresentanze autonome delle sue diverse frazioni. La necessita', per l'egemonia del capitale monopolistico, di uno spostamento di questo ruolo verso l'amministrazione comporta necessariamente anche considerevoli svantaggi per questa egemonia rispetto alle altre componenti del blocco al potere. Considerata la natura stessa delle procedure amministrative, il regolamento dei conflitti e la distribuzione dei compromessi in seno al blocco al potere avvengono sempre piu' in modo non lineare, in modo occulto, a scatti, per scontri diretti tra sottoapparati e sottoburocrazie amministrative, per mercanteggiamenti occasionali e a breve termine. Tutto cio' concorre all'incoerenza tipica della politica governativa attuale, alla mancanza di una strategia articolata e a lungo termine del blocco al potere, al pilotaggio senza strumenti, alla mancanza anche di un progetto politico-ideologico globale, un "progetto di societa'": caratteristiche fortemente pericolose per la egemonia di classe.
Inoltre: la rifrazione della rappresentativita' delle componenti del blocco al potere nei sottoinsiemi amministrativi non solo accentua le contraddizioni interne dell'amministrazione, polarizzando politicamente i frazionamenti corporativi-istituzionali propri della burocrazia statale (grandi corpi dello Stato, ministeri vari, branche dell'amministrazione), ma innesca anche un processo inverso. Questi frazionamenti si innestano strettamente sulle prese di decisione e amplificano considerevolmente le contraddizioni derivanti dalla politicizzazione dell'amministrazione: le contese fra clan, fazioni e feudi vanno ad aggiungersi alle divisioni politiche. Sicche', le contese amministrative si trasformano in divisioni politiche e provocano all'interno dello Stato dei sismi che mettono in causa il suo ruolo d'organizzatore dell'egemonia. A tal punto che l'immagine tradizionale del cretinismo parlamentare, l'immagine dei rappresentanti della borghesia che si esauriscono in dispute bizantine, corporative, secondarie e perdono di vista il loro ruolo di organizzatori politici, diventa troppo debole per caratterizzare la situazione attuale, che e' una situazione di fragilita' amministrativa veramente inedita: situazione che a sua volta destabilizza considerevolmente l'egemonia.
Tutto cio' non concerne solamente l'apparato amministrativo in senso stretto, cioe' l'amministrazione civile, quella che detiene il ruolo politico centrale. Nel contesto delle trasformazioni piu' generali che caratterizzano lo statalismo autoritario, tratti analoghi appaiono nel complesso degli apparati di Stato e dei loro funzionari: giustizia, polizia, esercito, scuola, ecc. Data l'unita' istituzionale propria dello Stato, lo spostamento del centro decisionale politico verso l'amministrazione civile produce degli effetti anche in questi altri apparati, che vengono cosi' attratti nell'orbita della politicizzazione degli apparati di Stato e trasformati in sotto-luoghi di decisione politici nell'ambito della loro sfera di competenza. Le nuove contraddizioni che contrassegnano l'amministrazione civile si ripercuotono cosi' nel complesso degli organi dello Stato.
3. Infine lo statalismo autoritario genera da parte sua nuove forme di lotta popolare. Si constata ovunque, nei paesi che ci interessano, l'emergere di lotte che mirano all'esercizio di una democrazia diretta e di base. Queste lotte sono caratterizzate da un antistatalismo tipico e si esprimono in un formicolio di focolai d'autogestione e di reti d'intervento diretto delle masse nelle decisioni che le concernono: dai comitati di cittadini fino ai comitati di quartiere, passando per i diversi dispositivi d'autodifesa e di controllo popolare, il fenomeno e' impressionante e veramente inedito, tenuto conto del suo carattere di massa. Anche se questo movimento si pone "a distanza" dallo Stato, pure produce degli effetti considerevoli di dislocazione in seno allo Stato. Fenomeno che caratterizza sia le lotte politiche piu' tradizionali sia specialmente le nuove lotte: movimento delle donne, movimento ecologico, lotte per la qualita' della vita. Lo statalismo autoritario non solo non riesce a incasellare le masse nel suo tessuto disciplinare, ossia a "integrare" effettivamente queste masse nei suoi circuiti autoritari, ma provoca una rivendicazione generalizzata di democrazia diretta e di base, un'autentica esplosione di esigenze democratiche.