23.10.05

Come i lavoratori cinesi stanno perdendo il loro mondo

Marc Blecher

Z-Net.it
3 Agosto 2005

La stato cinese è riuscito a rafforzare la base strutturale della propria egemonia. L'egemonia agisce molto in profondità, ovviamente, al livello non tanto di ciò che le persone pensano quanto delle categorie in cui lo fanno. La stampa induce i lavoratori della Cina a pensare in termini di categorie relativamente innocue.


Le origini dell'egemonia

Come ha potuto il modo di pensare della maggior parte dei lavoratori cinesi, finanche i più impoveriti o attivi politicamente, assogettarsi all'egemonia del mercato e dello stato?

I mercati possiedono ben note caratteristiche strutturali che lusingano coloro che vi sono esposti in maniera da indurli ad accettarle come lo status quo. Inoltre, esse atomizzano coloro che vi sono sottoposti offrendo la prospettiva di soluzioni individualistiche e distruggendo la solidarietà tra i lavoratori. I lavoratori che ho intervistato tendono a pensare che il miglior approccio ai loro problemi è di tipo individualistico - lavorare di più, cercarsi un altro lavoro o migliorare la propria formazione. Irridevano l'idea di azioni collettive. I mercati distolgono dalla politica le energie delle persone con capacità di leadership. I lavoratori più dinamici che ho intervistato erano, non sorprendentemente, coloro che si muovono a proprio agio nella nuova economia cinese, occupando buoni posti in azienda oppure come imprenditori.

I mercati creano anche esperienze che mitigano l'opposizione ad essi. Laddove e quando funzionano bene, creano una gamma di merci che, seppure non rimuovono ogni resistenza, possono avere un effetto decisamente soporifero. Finanche i disoccupati o gli scoraggiati pensano di poter trarre beneficio dalle opportunità offerte ai loro figli e alle loro spose; altri pensano che la crescita è abbastanza forte da alimentare la speranza che qualcosa tocchi anche a loro, come il tanto atteso compratore straniero.

I ricordi della Rivoluzione culturale contribuiscono a rafforzare l'egemonia del mercato. Anche coloro che vi guardano come ad un nobile esperimento in generale la considerano un fallimento a causa dell'eccessiva politicizzazione, della perversione della lotta politica di tipo classista e del disastro sociale ed economico. Questa visione produce un palpabile senso dell'assenza di alternative alle "riforme".

Allo stesso modo, i confronti nazionali (e nazionalisti) hanno contribuito a rafforzare l'idea dello sviluppo basato sul mercato. Il fatto che il Giappone, la Corea del Sud e Taiwan abbiano prosperato sotto il capitalismo - lasciamo perdere il fatto che di fatto adottarono delle varianti caratterizzate da una forte presenza dello stato - fu espressamente usato dalla leadership denghista per mobilitare il sostegno alle "riforme" nei primi anni 80. Ed il fatto che la Cina stia andando tanto bene in confronto alla Russia e alla gran parte dell'Europa dell'est e dell'Asia centrale è, per molti lavoratori, la prova che il mercato funziona.

Considerando l'egemonia statale, è di importanza critica notare che, in Cina, lo stato ha persuaso molti lavoratori di non essere più responsabile della condizione economica dei singoli individui e di non poter fare nulla per risolvere questo genere di problemi. I lavoratori che ho intervistato tendevano ad attribuire i loro problemi al management delle imprese in cui lavoravano o ai leader locali, piuttosto che allo stato in quanto istituzione. Molti inoltre consideravano l'elevato tasso di disoccupazione della Cina come un problema che danneggia le finanze dello stato, piuttosto che come un problema causato dallo stato. Allo stesso tempo, riconoscevano a quest'ultimo il merito della prosperità complessiva e della crescita della Cina dal 1978 e pensavano che lo stato potesse proteggerli dagli effetti del mercato fornendo misure di previdenza come l'indennità di licenziamento, il salario di disoccupazione e i sussidi per gli indigenti.

La stato cinese è riuscito a rafforzare la base strutturale della propria egemonia. L'egemonia agisce molto in profondità, ovviamente, al livello non tanto di ciò che le persone pensano quanto delle categorie in cui lo fanno. La stampa induce i lavoratori della Cina a pensare in termini di categorie relativamente innocue. In un caso molto comune, un articolo del Workers Daily sulla "riforma" delle aziende di stato cercava di apparire obiettivo presentando i risultati di un sondaggio. Ma tutte le domande erano formulate in termini di caratteristiche specifiche delle aziende.

"Alla domanda di scegliere se preferissero lavorare in un'azienda di proprietà statale, privata, a compartecipazione o d'azionariato, il 58% rispose di proprietà statale. Poi fu chiesto se approverebbero che alla propria azienda, in caso di buoni risultati, fosse imposto l'assorbimento di un'azienda in crisi. Il 55% rispose che avrebbe approvato, il 30% disapprovato ed il 15% che avrebbe dovuto analizzare la situazione specifica per decidere".

Un articolo del genere induce i lavoratori ad inquadrare i loro problemi in termini di forme di proprietà o delle fortune economiche delle loro aziende e non in termini di mercato o di politiche dello stato. Un altro articolo rivolto ai lavoratori ne criticava la responsabilità nel rifiuto delle aziende di fornire addestramento professionale, ciò che indirizza il pensiero dei lavoratori al capitale umano piuttosto che al capitale o allo stato capitalista.

Allo stesso modo, lo stato si dà da fare per persuadere i lavoratori del fatto che i problemi non derivano dallo stato ma dal mercato e dal loro scarso adattamento ad esso. Questo stesso sondaggio "riscontrò" che i lavoratori pensavano che la seconda maggior causa dei problemi delle imprese fossero le "cattive condizioni di mercato", dopo la "cattiva dirigenza". Lo stato continua anche a fare pressioni sui lavoratori affinché accettino la logica del mercato anche all'interno delle loro vite. Per esempio, il Workers Daily ha pubblicato un dibattito tra i lettori su un articolo in cui si parlava di un lavoratore modello di nome Ren Jianye che aveva rifiutato un premio in denaro che accompagnava il riconoscimento. Uno dei critici di Ren sosteneva che:

"Da parte sua, non accettare tradisce la volontà di non chiedere nulla. Ma ci sono gravi effetti collaterali. Non accettare alimenta lo spirito di alcuni che si adagiano sui frutti del lavoro altrui, con il risultato di deprimere l'impegno di molti. Se le persone come Ren vengono pagate meglio, ciò protegge coloro che lavorano e contribuiscono in misura maggiore, ciò che a sua volta dà fastidio alle persone che sprecano il loro tempo".

Qui cominciamo a vedere un approccio retorico più insidioso che divide la classe lavoratrice. Lo stesso Workers Daily ha descritto i giovani lavoratori come fannulloni "buoni a nulla" che non hanno orgoglio e non sono disposti a migliorare le proprie capacità.

Lo stato lancia almeno altri due tipi di appello ideologico alla classe lavoratrice. Primo, sostiene che la situazione che i lavoratori si trovano ad affrontare corrisponde alle moderne norme internazionali. Per esempio, il programma di austerità britannico "workfare" fu citato come esempio positivo a sostegno di un piano per l'eliminazione di qualunque sussidio ai lavoratori che non aderiscono ai programmi di riqualificazione. Allo stesso modo, il Codice del lavoro del 1955 è giustificato perché è simile alla legislazione degli altri paesi industrializzati. Secondo, sostiene che non c'è alternativa né alle "riforme" né ai problemi che hanno causato ai lavoratori. "Ad un certo stadio di sviluppo, la disoccupazione rappresenta un passo necessario per il progresso sociale", ha scritto un lettore in una lettera al Workers Daily.

Oltre ad appelli ideologici, un numero di altri fattori politici hanno aiutato lo stato a sviluppare e mantenere la sua egemonia sulla classe dei lavoratori. Il netto e deciso capovolgimento del radicalismo autoritario della rivoluzione culturale resta importante, soprattutto per coloro che vi passarono. La volontà dello stato di rispondere positivamente o per lo meno non aggressivamente a molte proteste locali allo stesso addolcisce la protesta e contribuisce a far credere agli altri lavoratori che può essere utile. Similmente, la volontà dello stato di offrire uno spazio limitato alle lamentele e finanche alle critiche - in alcuni casi, come sopra, pubblicate dalla stampa ufficiale - offre una valvola di sfogo ai lavoratori e mira a convincerli del fatto che lo stato non è un nemico implacabile. Infine, la fanfara con cui lo stato attacca pubblicamente la corruzione può contribuire alla creazione di una causa comune con i lavoratori indignati dai loro capi di dubbia onestà e dai funzionari locali corrotti.

Conclusione

La classe lavoratrice cinese ha una composizione molto variata ed è in rapido movimento. I lavoratori stanno reagendo alle loro esperienze di vita in una quantità di modi e molti partecipano a vari tipi di azioni collettive. Ma a controbilanciare questo fermento c'è un insieme di forze contrarie che affossano l'azione collettiva della classe.

Quanto è durevole l'egemonia del mercato e dello stato sul pensiero della classe lavoratrice? La sorprendente rapidità con cui l'egemonia del mercato e dello stato denghista sono emerse nel corso degli ultimi due decenni potrebbe influenzare quella stessa egemonia in maniere opposte. Da un lato potrebbe lasciar pensare che la classe lavoratrice è capricciosa, reagendo principalmente alla crisi immediatamente precedente (in questo caso, quella del periodo maoista) e/o agli aspetti positivi dei cambi macro-economici e politici del periodo denghista. In questo caso, l'egemonia del mercato e dello stato potrebbe essere fragile, soprattutto in caso di una crisi economica grave. Dall'altro lato, il fatto che molti dei valori centrali politici ed economici del periodo maoista sono stati messi da parte così rapidamente potrebbe far pensare che essi non avessero messo radici. In questo caso, il mercato e l'egemonia dello stato sarebbero più durevoli.

Per Gramsci, l'egemonia e la contro-egemonia sono costruite dai movimenti politici, un progetto che richiede straordinaria pazienza, capacità e determinazione, oltre che una società civile in cui attecchire. Fintanto che la Repubblica cinese continuerà a sopravvivere come stato cinese in una forma simile a quella odierna, sembra non esserci quasi speranza che possa emergere un forte movimento politico della classe dei lavoratori capace di costruire una contro-egemonia contro il mercato o lo stato. E se lo stato cadesse, seguirebbe una situazione politica con ogni probabilità confusa e sufficientemente instabile da costituire un ambiente non molto adatto ad un duraturo e vigoroso movimento sociale contro il mercato.

Naturalmente Gramsci, in quanto marxista, sapeva anche che la crisi economica può indebolire l'egemonia e creare l'occasione per lo sviluppo di una contro-egemonia. L'egemonia dello stato poggia sulla capacità di questo di garantirsi l'attribuzione del merito della sorprendente espansione economica della Cina dal 1978. Se questa crescita economica sfociasse in una crisi economica seria e prolungata, il lavoratori potrebbero reagire con ribellioni che potrebbero minacciare la sopravvivenza della Repubblica popolare cinese. Ma anche in questo scenario, è difficile vedere come l'egemonia del mercato possa essere messa in discussione. Come ha mostrato Steve Crowley, mio collega al College Oberlin, negli ultimi giorni dell'Unione Sovietica, i minatori in sciopero consideravano il mercato come la salvezza da uno stato corrotto e da una politica economica che li aveva abbandonati. In Cina, come altrove, una crisi economica seria farebbe da incubatrice per un movimento contro lo stato - che è, dopo tutto, un obiettivo concreto e palpabile - invece che contro il mercato. Quest'ultimo è molto più diffuso e amorfo in quanto oggetto di battaglia politica. La mobilitazione contro il mercato richiede anche una forte sinistra al comando delle risorse politiche, una cosa non del tutto frequente in Cina. In breve, anche se l'egemonia dello stato dovesse cadere, quella del mercato sopravviverebbe, probabilmente, e potrebbe finanche risultare rafforzata, almeno sul breve e medio termine.

Per l'"ultimo" Gramsci, interessato alla elaborazione di un movimento politico della classe lavoratrice, allora, la Cina d'oggi fornisce una buona ragione per giustificare il "pessimismo della ragione" professato dal maestro, ed una prova difficile per "l'ottimismo della prassi" cui questi si dedicò nobilmente.


Documento originale Why China‚s Workers are Losing Their World
Traduzione di Sergio De Simone

* Marc Blecher è professore di politica e studi dell'Asia orientale all'Oberlin College.

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