6.10.05

Egemonia famelica

Stati Uniti - 18.3.2005
Paul Wolfowitz è il candidato Usa alla guida della Banca Mondiale


Matteo Colombi

Robert McNamara, da capo della Ford, nel 1961 andò a servire l’amministrazione Kennedy come segretario della Difesa. Sotto il pieno controllo di Kennedy e poi di Johnson, egli gestì la guerra in Vietnam, dagli albori fino al 1968, quando abbandonò per contrasti con il presidente Johnson, avendo ormai notevoli dubbi sul conflitto. Il bravo soldato McNamara, il servitore dello stato, per ricompensa finì alla Banca Mondiale dal 1968 al 1981. La stretta connessione tra la strategia militare americana in Vietnam e certe strategie di sviluppo economico non va venerata. Lo fece in maniera esplicita Walt Rostow, teorico per Kennedy e Johnson di una via alla modernizzazione del terzo mondo ‘moderata’ (ovvero né comunista né protezionista, ma legata all’espansione del commercio americano e delle classi medie nei vari paesi). Rostow fu uno dei mandarini di Harvard direttamente coinvolti sia nella dimensione militare che in quella economico-sociale rivolta verso i nuovi stati che emergevano dalla crisi del colonialismo europeo. La natura sociologica del potere americano, delle frammistioni tra l’ammazzare, il fare i soldi, e l’ammazzare facendo i soldi è abbastanza limpida.

Un uomo diviso. Di McNamara bisogna dire che è una figura tragica e morale. Nei suoi libri recenti, nel documentario introspettivo e drammatico The Fog of War, McNamara si pone in maniera esplicita il problema della guerra, delle conseguenze della ragione strumentale di cui fu l’esponente di spicco, e dei limiti di tale ragione, che può portare alla morte di ‘due milioni e mezzo di persone’ in maniera sistematica. Questo è il numero di vite estinte che McNamara prende come responsabilità americana nel conflitto vietnamnita. McNamara è una figura morale e dunque tragica perché si interroga, anzi è convinto che quella mattanza si potesse evitare. Non è disposto a rinnegare quello che ha fatto, il valore del servire lo stato americano. Ma è assillato dal senso di colpa, dalla responsabilità per le morti a cui ha partecipato. Egli sa che l’aver gettato sul Vietnam più esplosivi che in tutta la Seconda Guerra mondiale, che l’aver usato napalm, è di per sé grottesco.

Errori da non ripetere. La sua è una voce solitaria. Tragica perché non riesce a rinunciare alla ragionevolezza insidiosa delle sue antiche decisioni, ma nemmeno a giustificarle eticamente. La ragione di stato esiste, ma non supplisce e soddisfa quest’uomo. E nel caso del Vietnam il suo sgomento dinanzi alla distruzione irrazionale emerge pienamente. Il razionalismo ha generato l’irrazionalità. L’uomo si è fatto carnefice. McNamara in un certo senso vuole rifiutare la vittoria totale, la resa completa a tale banalità, alla capacità di distruggere con zelo senza farsi problemi. Egli è responsabile della morte di milioni di persone, e non riesce ad archiviarlo. Cerca di lanciare moniti ai politici di adesso, li invita a non farsi ammaliare dalla guerra, a cercare sempre di comprendere l’avversario, di avere paura della guerra, della sua amoralità. Dunque questo mandarino, giunto alla fine dei suoi giorni, guarda le sue mani piene di sangue, e vuole insegnarci a non ricadere con facilità in una caricatura di sé stesso, del suo modo d’essere, per ciò che è stato.

Un falco alla Banca mondiale Il 16 marzo George W.Bush ha nominato Paul Wolfovitz a capo della Banca mondiale. Da sempre un americano, a discrezione del presidente, siede a capo della Banca, e un europeo (occidentale) siede a capo del Fondo Monetario Internazionale. Il signor Wolfowitz, uscito dal mio dipartimento con un PhD in Scienze Politiche molti anni or sono, professore a Yale e alla Sais, la scuola di relazioni internazionali della John Hopkins Univeristy di cui fu presidente, e, sulla scia di McNamara, un uomo legato al sistema militare-industriale, adesso va a parcheggiarsi a capo della Banca. Se godeva di pessima stima sotto Wolfensohn, che veniva dalla finanza, adesso che uno dei fautori della guerra in Iraq e del “Manifesto per un nuovo secolo americano” siederà a capo dell’istituzione, si può dire che la Banca viene delegittimata ulteriormente. Ma alla fine rivela a fondo questo liberalesimo a mano armata per quello che è, non la fine della storia, come arpeggiava Francis Fukuyama (altro intellettuale organico), ma l’egemonia famelica di certi capitali e certe élites, concentrate negli Usa, ma con alleanze diffuse. Un’egemonia oligarchica priva di scrupoli. Possiamo solo augurarci che la conversione morale di McNamara raggiunga il signor Wolfowitz più velocemente di quanto non sia successo con l’ex presidente della Ford.

(tratto da http://www.peacereporter.net/)

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