22.1.06

Finetti: Egemonia di sinistra, cultura del veleno?

La cosiddetta ��egemonia�� post-comunista
in campo culturale ̬ frutto soprattutto del
disimpegno da parte opposta

EGEMONIA DI SINISTRA, CULTURA DEL VELENO?

di Ugo Finetti

domande di confine
anno 3 - numero 2 - 2004

A guardarlo sembra il tipico carrozzone antifascista degli anni Trenta disegnato dal capo della propaganda del Komintern, Willi Munzenberg: nulla di partitico, ma solo il primato della moralit�� e dell�۪obiettivit��. Si tratta del vertice dell�۪Insmli, l�۪Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione italiano, che da culla della memorialistica dei comandanti comunisti partigiani ̬ diventato in Italia ��� attraverso successive convenzioni con il ministero della Pubblica Istruzione ��� il perno della ricerca e della didattica dell�۪intero Novecento. Come presidente ��� novello conte Karoly ��� hanno messo Oscar Luigi Scalfaro e come presidente onorario figura ��� come se fosse l�۪esploratore Nansen ��� Tina Anselmi. Ma la ��cucina�� ̬ in mani sicure: segretario Gianfranco Maris e nel comitato scientifico i vari Collotti, De Luna e De Bernardi.
Il dibattito sull�۪��egemonia�� in Italia della cultura filiata dalla tradizione marxista e comunista rischia infatti di essere un lamento a vuoto se non se ne mettono a fuoco strutture e creativit��. Egemonia ̬ appunto �� � nell�۪accezione gramsciana ��� il risultato di ��forza pi�? consenso��, non un�۪operazione demoniaca, ma capacit�� organizzativa e ricerca, studio e lavoro.
In verit�� questa egemonia ��� per quanto teorizzata e messa in atto da Togliatti ��� fu fino all�۪inizio degli anni Sessanta molto limitata. Il punto forte fu ��� dopo l�۪assassinio di Gentile e l�۪emarginazione di Croce ��� la sostituzione dell�۪idealismo con lo storicismo marxista, ma appunto con questa operazione i campi di intervento privilegiati si concentrarono e si delimitarono su storia ed estetica. Nessun segno duraturo ha lasciato il marxismo italiano nel campo delle discipline scientifiche e, soprattutto, nell�۪economia. I suoi economisti hanno prodotto solo letteratura e convegnistica. Anche in campo artistico tutta l�۪esperienza delle avanguardie e neoavanguardie ��� dai pittori agli scrittori ��� si ̬ sviluppata al di fuori dell�۪influenza del Pci che svolse, anzi, un ruolo frenante e di sostanziale conservazione. Successivamente negli anni Sessanta, sull�۪onda della riproposizione dell�۪unit�� antifascista ��� dopo i moti del luglio �۪60 e con l�۪apertura sinistra inizialmente ancora priva di ��delimitazione della maggioranza�� ��� il Pci riusc�� ad archiviare nella societ�� italiana il rigetto che lo aveva circondato dopo i fatti di Ungheria del �۪56. E poi, finalmente, con il �۪68 ��� quando si afferm�? che ��tutto ̬ politica�� ��� la lettura classista divenne pensiero unico e le semplificazioni e le astrattezze dettero diritto di cittadinanza al marxismo in ogni campo.
Ma oggi ��� con l�۪uscita di scena dell�۪Urss e del Pci ��� l�۪egemonia ̬ un�۪onda lunga certamente importante, ma sostanzialmente circoscritta in campo culturale alla spinta propulsiva del sistema delle lottizzazioni negli enti culturali definite negli anni Settanta (ancora oggi vale il dogma che canali e reti televisive siano sempre di sinistra secondo il ��patto�� siglato all�۪epoca dell�۪��unit�� nazionale�� con il Pci in maggioranza).
La cosiddetta ��egemonia�� post-comunista in campo culturale ̬ frutto soprattutto del disimpegno da parte opposta. �� una vecchia storia. L�۪anticomunismo democratico non ha mai avuto vita facile in Italia ed ̬ stato sempre una presenza molto contenuta: basti pensare alla chiusura del Ceses di Renato Mieli imposta dai sovietici al momento di concludere contratti con societ�� come la Montedison che l�۪aveva fino ad allora sostenuto, oppure al boicottaggio della Biennale del Dissenso nel 1977 da parte di un arco che andava dalla Rizzoli alla Snia Viscosa, dalla Ricordi alla Fondazione Cini.
In Italia ha sempre prevalso la tesi secondo cui alla cultura impegnata andasse contrapposta ��� soprattutto tra i giovani e nel mondo della scuola ��� non un�۪altra cultura, ma il divertimento, l�۪evasione e la superficialit�� ovvero il rifiuto della cultura: il disimpegno contro l�۪impegno nella convinzione che chi ama andare a ballare o vedere le partite di calcio non si interroghi sulla sua esistenza e sia solo un mucchio di superficiali non interessati anche a leggere e scrivere. �� cos�� che in Italia non ha avuto alcun effetto, per esempio, il caso Solgenitzin. Mentre la pubblicazione di ��arcipelago Gulag�� a met�� degli anni Settanta in Francia apr�� una crisi nella sinistra (con fenomeni come ��les nouvaux philosophes��), in Italia quelle rivelazioni furono acqua sulla roccia.
Certamente oggi ��� dopo la caduta del Muro di Berlino e il dissolvimento del comunismo in Europa ��� quasi nessuno si dichiara pi�? comunista, ma se si guarda ai testi scolastici maggiormente usati per l�۪insegnamento della storia non c�۪̬ stata nessuna revisione. Solo qualche prudente e pudica aggiunta: gulag, foibe e Cefalonia. Ma l�۪impianto rimane invariato.
Oggi il cuore dell�۪egemonia ��� ovvero della cultura del veleno ��� ̬ infatti soprattutto in campo storico. Permane cio̬ ��� nella ricerca e nella didattica all�۪ombra dell�۪Insmli ��� la lettura del Novecento ��alla Hobsbawn�� come teatro di scontro tra capitalismo reazionario a deriva fascista e movimento operaio imperniato sui partiti comunisti e ai giovani si propaganda ancora il dogma della incompatibilit�� tra anticomunismo e antifascismo.
Il passato ̬ riletto alla luce del presente secondo la lotta tra il Vecchio e il Nuovo, tra progresso e reazione, che indica una ��linea rossa�� che va dai Gracchi ai ghibellini, dagli eretici ai giacobini, dall�۪illuminismo al rivoluzionarismo marxista e comunista. Nel Novecento alla cui luce viene visto l�۪intero passato diventa centrale il fascismo che non ̬ pi�? un periodo storico, bens�� una categoria centrale secolare, una chiave di lettura senza limiti di spazio e di tempo. Non pi�? ��stadio�� della borghesia come sosteneva Stalin, ma comunque ��pericolo sempre incombente��, secondo la prosa postalinista da Berlinguer in poi, inscindibile dalla natura stessa della borghesia italiana. Conseguentemente si insegna la tesi del fascismo come figlio dell�۪Italia liberale e padre dell�۪Italia della democrazia repubblicana. Cos�� sintetizza infatti Giorgio Rochat l�۪insegnamento partorito da Guido Quazza, presidente dell�۪Insmli dal 1972 al 1996: ��La sottolineatura della continuit�� della societ�� e della politica italiana da Giolitti a De Gasperi attraverso Mussolini: una continuit�� tra scelte moderate e nazionaliste, in cui la Resistenza rappresenta un momento di rottura democratica��. Pertanto abbiamo una manualistica dominante volta a inculcare un senso di vergogna per quella che ̬ stata in Italia la ��democrazia reale�� senza il Pci, dipingendo la mafia come conseguenza dello sbarco anglo-americano in Sicilia, il terrorismo come conseguenza dell�۪adesione dell�۪Italia alla Nato, la corruzione come conseguenza dell�۪esclusione del Partito comunista dal governo.
Siamo allo ��storicismo marxista in un unico paese��: solo in Italia l�۪insegnamento della storia ̬ blindato ignorando la comunit�� scientifica internazionale sul Novecento da Furet a Nolte, da Pipes a Conquest e Courtois.

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