29.1.08

Per i dipendenti redditi fermi

di Roberto Tesi

Una indagine Bankitalia conferma la pessima distribuzione del reddito e della ricchezza

L'ultima promessa del governo Prodi, che probabilmente non sarà mantenuta, era: in primavera, completato il risanamento dei conti pubblici, tutto l'extragettito sarà destinato a ridurre la pressione fiscale sul lavoro dipendente colpito in questi anni da una erosione terribile del potere d'acquisto del quale ieri Bankitalia ci ha dato una dimensione reale che dovrebbe far riflettere: dal 2000 al 2006 i redditi dei lavoratori dipendenti sono rimasti praticamente fermi, al contrario di quelli dei lavoratori autonomi che sono aumentati alla grande. Un periodo d'oro per bottegai e professionisti che non a caso coincide con l'arrivo dell'euro e quello del governo Berlusconi che ora vorrebbe tornare per completare il lavoro. Ma non è solo il reddito a fare la differenza: nel 2006 è ulteriormente peggiorata anche la distribuzione della ricchezza: il 10% degli italiani in cima alla piramide sociale detiene poco meno del 50% dell'intero patrimonio nazionale, quasi due punti in più del 2004.
Ne «I bilanci delle famiglie italiane nell'anno 2006» (la precedente ricerca era del 2004) pubblicato ieri da Bankitalia emerge ancora una volta una realtà di forte sperequazione nella distribuzione dei redditi. Scrive via Nazionale: «rispetto alla precedente rilevazione del 2004, il reddito familiare medio è aumentato del 7,8% in termini monetari», ma solo del 2,6% in termini reali. Il reddito delle famiglie «con capofamiglia lavoratore dipendente è cresciuto in media del 4,3% in termini reali». Insomma, nell'ultimo biennio il reddito dei dipendenti è cresciuto più di quello medio, anche se al totale dei lavoratori dipendenti finisce solo il 40,7% del redito totale.
Ma il dato non deve ingannare: nei due anni, infatti, nelle famiglie è aumentato il numero dei componenti che sono entrato nel mercato del lavoro (magari con poche ore settimanali) e quindi l'aumento del reddito è solo una illusione ottica: più persone nello stesso nucleo familiare sono costrette a lavorare, ma con risultati non certo esaltanti in termine di retribuzione complessiva. Di più. Come sottolinea la Banca d'Italia «il miglior andamento delle famiglie con capofamiglia dipendente tra il 2006 e l 2004 compensa soltanto in parte la riduzione osservata fra il 200 e il 2004: per il periodo 2000-2006 il reddito di queste famiglie in termini reali è infatti rimasto sostanzialmente stabile (+0,3%) rispetto a una crescita del 13,1% delle famiglie con capofamiglia autonomo».
In realtà il reddito delle famiglie con capofamiglia lavoratore autonomo è cresciuto molto di più di quanto mostra il dato medio: nei lavoratori autonomi, infatti, sono compresi anche i lavoratori atipici il cui numero negli ultimi anni è esploso, ma non nella retribuzione media. Non a caso, Bankitalia commenta: «se in media il reddito delle famiglie lavoratore indipendente è rimasto stabile tra il 2004 e il 2006, all'interno della categoria le famiglie con capofamiglia lavoratore autonomo/artigiano o titolare di una impresa famigliare o imprenditore hanno visto il reddito crescere dell'11,2% in termini reali, mentre l'andamento è stato negativo per le restanti tipologie», cioè per liberi professionisti, lavoratori atipici e soci-gestori di società. Per il lavoratori atipici c'è anche da considerare il forte aumento dei contributi deciso dal governo che è stato scaricato dai datori di lavoro sui para subordinati con un diminuzione del reddito netto che è quello considerato da Bankitalia.
L'indagine Bankitalia sfata anche il mito dei lavoratori italiani fannulloni: il 56,8% del totale, infatti, lavora effettivamente tra le 41 e le 50 ore settimanali, mentre la media totale è di 37,9 ore, è abbassata notevolmente da chi suo malgrado è a part-time. L'orario di lavoro effettivo per i lavoratori indipendenti è, invece, di 43,9 ore settimanali e la loro retribuzione media «risulta superiore del 16% a quella dei dipendenti». Ma il reddito non è tutto: la sperequazione vera si legge nella pessima distribuzione della ricchezza: il 10% dele famiglie possiede quasi il 45% del patrimonio totale e facendo uguale a 100 la ricchezza media delle famiglie, emerge che se il capofamiglia è un operaio, il suo indice di ricchezza è pari a 46,9, mentre nel 1995 era pari a 65.

(tratto da il manifesto del 29/01/2008)

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