1.6.08

Sinistra non di frizzi e lazzi

di Ivan Della Mea

(tratto da il manifesto, 31 maggio 2008)

Anni settanta. Prima metà direi. Il Palazzo dello sport di Roma è gremito fino all'inverosimile. Roba picista della specie comunista: bandiere rosse + falci e martelli + qualche stellina carina il giusto. Concerto. Del Nuovo Canzoniere Italiano s'è in tanti: Giovanna Marini e il figlio Francesco, Paolo Pietrangeli, io con l'Alberto e il Paolo Ciarchi e altri musicisti e cantori. E Luigi Nono. C'è di che godere e si gode. Va Pietrangeli con la Contessa va la Marini coi Treni per Reggio Calabria vado io con la Cara moglie. Pugni alzati cori alla grande. Applausi a scroscio. Poi, Nono. Una cosa sua registrata con lui che armeggia a vista intorno a magnetofoni: suoni strani, altri, difficili da capire. Silenzio del pubblico. Poi, un fischio. Due fischi. Una selva di fischi. Nono imperterrito prosegue. Il Palazzo è tutto un fischio. Nono blocca i registratori. Silenzio. In quel silenzio Nono avanza e, solo, raggiunge il proscenio. Prende il microfono. «Compagni» - dice - «il Partito comunista italiano, il nostro partito, ha bisogno vitale di tutta la nostra cultura, di tutta la nostra intelligenza, di tutta la nostra arte e di tutto il nostro impegno». Si alzano in piedi alcuni ex zufolanti, in piedi commossi cominciano ad applaudire e io ora non posso proprio dire come proseguì l'intervento pieno di cuore e di mente di Luigi Nono e non posso dirlo perché tutti si alzarono in piedi e applaudirono e levarono i pugni e sventolarono le bandiere: non so se per la musica, certo per la forza morale di Luigi Nono che a muso duro e con la voce forte eppur trepida per l'emozione ci disse di che cosa abbisognava il comune partito.
Propongo questo ricordo a chi s'industria oggi per una nuova e altra sinistra di cui c'è grande bisogno: nuova e altra. E un secondo ricordo propongo: ebbe a scrivere Gianni Bosio, quarant'anni e più or sono «essere la politica il livello più alto della cultura». Il livello attuale della politica non gli dà ragione, anzi. Ma da Bosio ho imparato che ogni tanto l'intellettuale deve provare ad arrovesciarsi e allora io, che grossissimo intellettuale sono: 120 chili ca., dico essere la cultura il più alto livello della politica, laonde ragion per cui impegno primo è la difesa a oltranza di quello che abbiamo: dei nostri giornali, dei nostri istituti, dei nostri archivi, della nostra editoria, dei nostri valori: dal liberté egalité fraternité per intenderci al «proletari di tutto il mondo unitevi», e assumere come militanza il compito della diffusione della nostra stampa e riscoprire la propaganda elementare socialista ed entrare nell'associazionismo come propositori di iniziative fuori dalla logica dei grandi eventi spettacolari in favore di un fare minuto ma costante; e, questa, non è «la mini-cultura caricaturale della vecchia Internazionale comunista» come dice Nichi Vendola (il manifesto 20/5) e certo «c'è bisogno di un campo vasto come il mappamondo» come no? Ma dobbiamo essere capaci sempre di fare quei sette otto passi solitari che fece Luigi Nono in quel Palazzo dello sport per dire e dirci ciò che lui disse; e dobbiamo liberarci di tutte le presunzioni dirigenziali e dei presenzialismi multimediatici per imparare ad ascoltare e tornare davanti alle fabbriche e ai luoghi di lavoro per riscoprire il noi del fare comune contro l'io del dirigente e dare aria e fiato alla fantasia e inventarsi una piazza un'agorà e lì sollecitare tutti a dare il meglio di se stessi e a mettere a disposizione la propria intelligenza e la propria cultura perché di questo ha bisogno, più che dei frizzi e lazzi di candidati segretari o già segretari in pectore, una sinistra che davvero voglia essere nuova e altra: ma non è detto che lo voglia.

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