5.6.08

«L'antifascismo si fa anche coi nomi delle strade»

di Tonino Bucci

(tratto da Liberazione, 4 giugno 2008)

Dialogo con Enzo Collotti storico della Resistenza
e dei fascismi europei

La politica di oggi ama definirsi bipartisan e dialogante. L'Italia delle istituzioni appare un paese soft . Nei palazzi del potere si scrivono le leggi tutti assieme. Maggioranza e minoranza vanno di comune accordo e finalmente (per loro) il parlamento è stato "semplificato" (eufemismo per dire che non c'è più la sinistra rompiscatole). Il governo di centrodestra tira diritto per la sua strada ma senza scontri frontali. E lancia messaggi di moderatismo e concordia.
Eppure la società ci rinvia un'immagine di segno opposto, quella di un'Italia hard , di un paese percorso nelle sue tante periferie da spiriti animali. Dalle città giungono notizie in sequenza di aggressioni, pogrom e caccia allo straniero in pieno stile neofascista. La società con i suoi processi di disgregazione, con le sue paure e le sue pulsioni violente, è pervasa da una cultura di destra che è divenuta ormai senso comune da bar.
C'è contraddizione fra il moderatismo della politica e le pulsioni viscerali del paese? In superficie forse sì. Il protagonismo aggressivo di formazioni di estrema destra come Forza Nuova - o dello squadrismo spontaneo che comunque ha interiorizzato i tratti culturali del fascismo - sono un ostacolo per la destra di governo, certo. Ma osservate in profondità quelle due Italie sono figlie l'una dell'altra. Sono il frutto di un corto circuito fra una politica di destra, padronale e securitaria, da un lato, e il populismo xenofobo di cui la prima ha bisogno per camminare e prosperare, dall'altro. C'è da farsi poche illusioni sul presunto moderatismo della destra di governo. Anche per quel che essa sta facendo nella cultura di questo paese.
Prendiamo l'esempio della toponomastica come la intende il neosindaco di Roma Alemanno. Nulla di più innocuo in apparenza. In fondo, dedicare una via ad Almirante e una a Berlinguer, una a Craxi e un'altra pure a Fanfani, sembrerebbe un gesto bipartisan, un segno di pacificazione fra tutte le storie politiche italiane. Ma dietro il linguaggio rassicurante della politica della destra si nasconde un estremismo minaccioso per la convivenza civile. Siamo di fronte a una gigantesca operazione sulla memoria storica: riaccreditare la storia del fascismo italiano nell'alveo delle culture politiche legittime e smantellare nel senso comune del paese quel che resta della cultura resistenziale e dei principi della Costituzione. Enzo Collotti non è certo tra coloro che ne sottovalutano la portata. C'è da credergli vista la sua lunga esperienza da storico della Resistenza e dei fascismi in Europa.

Lo spirito bipartisan nella toponomastica sembra innocuo. Ma non è la spia del pericoloso "sovversivismo" che si annida dietro il finto moderatismo?
Questo è il vero pericolo. E' un'operazione molto sottile tesa a far passare come "normali" cose che non lo sono affatto. Qui si finisce per legittimare la storia del fascismo italiano.

Giornali e tv hanno la loro parte di responsabilità nel modo in cui si occupano di storia?
Nei media prevale un comportamento superficiale verso l'informazione sui temi storici. E siccome viviamo in un clima orrendo…

Ma si possono mettere sullo stesso piano Almirante, Berlinguer, Craxi e Fanfani?
Basterebbe ricordare la biografia delle persone. Io non ho nessuna simpatia per Craxi ma non trovo giusto che venga messo assieme ad Almirante. Sono due storie diverse. Questa è la confusione delle lingue, una Babele storica dove magari Almirante fa bella figura accanto a un componente del Cln. Sono considerazioni che possono indurre alla malinconia, ma questi sono i temi sui quali oggi bisogna condurre una battaglia. Non è possibile fare finta di nulla. Il giorno che si accetta via Almirante, si è accettato il fascismo. Lo si legittima come una delle tante forze politiche e si rinuncia alla critica.

Ma qual è il rischio di questa operazione sul piano della memoria storica pubblica?
Di perdere la consapevolezza storica delle differenze fra il fascismo e le altre epoche della storia italiana. Queste sono battaglie di principio fondamentali.

In certe trasmissioni compaiono personaggi alla Alessandra Mussolini, alla Borghezio, alla Stefano Fiore e via via fino alla vedova Almirante. E' solo folclore?
E' questo il punto nevralgico. Tutti vengono legittimati, ognuno ha diritto a dire la sua in nome di una regola bipartisan che mette nello stesso calderone fascisti, leghisti e via dicendo. Passa anche per i salotti televisivi l'operazione di accreditamento di questi personaggi e della loro cultura politica. Ci siamo dimenticati che esiste ancora il reato di apologia del fascismo? Perché nessuno lo ricorda? Se continua così il sindaco Alemanno fa apologia di fascismo.

Però va a rendere omaggio alle vittime delle Fosse ardeatine e si presenta come il sindaco di tutti...
Sì, ma non fa altro che contrabbandare, attraverso una serie di operazioni manipolatorie, una merce che, in fin dei conti, si chiama fascismo. Quelle sono le sue origini. E' inutile cercare di abbellire la situazione.

Ma la sinistra che fa?
La sinistra ne ha tante di responsabilità. Ha commesso un grandissimo errore culturale nel giudicare l'antifascismo uno strumento obsoleto e superato.

Le sembra corretto vedere nelle recenti aggressioni semplici atti di violenza generica e non atti politici a sfondo fascista?
Se non si vede la matrice politica non se ne esce più. Speriamo che non continuino a fare discorsi astratti sulla violenza. Bisogna individuare le radici di questa violenza. Queste aggressioni non esisterebbero se non ci fosse alle spalle una matrice politica.

Il neofascismo si presenta come un innocuo discorso da bar…
Si dice che le violenze di Roma appartengono alla matrice della xenofobia. Ma cos'è questa se non un aspetto della cultura dell'estrema destra? Qui c'è un tentativo di manipolare l'opinione pubblica. Non possiamo girare la testa dall'altra parte.

I tempi del bon ton e dell'equilibrio bipartisan sono finiti. Ma cosa significa fare battaglia culturale?
Non vuol dire fare la guerra agli altri. Significa non consentire che gli altri manipolino l'opinione pubblica e che nei loro atti apparentemente innocui nascondano certe radici politiche identificabili nel fascismo e nella sua storia. Altrimenti perdiamo il senso della nostra convivenza e non capiamo neppure perché difendiamo ancora questa Costituzione.

L'antifascismo deve ridiventare una memoria pubblica. Ma come?
Ci sono intere fasce giovanili che di tutta la nostra storia non sanno assolutamente niente. Se noi permettiamo che si perda il filo della memoria saremmo davvero autolesionisti. Non solo, saremmo anche responsabili per un paese che non sa più quali sono la sua identità e le sue radici. E' l'antifascismo che garantisce la convivenza. Con questi signori che hanno stravinto le elezioni altro che pacificazione! Si comportano da vendicatori. Non si può stare a guardare per quieto vivere o per buona educazione tollerare che questi facciano piazza pulita di sessanta anni di lavoro culturale. E' chiaro che abbiamo difeso male la storia dell'Italia repubblicana e antifascista. Come meravigliarsi che Pansa venda un milione di copie dei suoi libri?

Certi libri vanno stroncati sul piano storiografico, certo, ma la loro forza sta nel saldarsi con i luoghi comuni, i clichè e le opinioni alla moda. Come si disarticola questo blocco?
In un paese in cui si dice che si legge poco, bisogna interrogarsi come mai un autore venda un milione di copie. Perché il pubblico italiano legge solo queste cose, posto che le legga davvero dalla prima all'ultima pagina? Perché questo discorso diventa senso comune e altri discorsi più importanti e più fondati no? Queste domande attengono alla media della cultura politica del paese.

La disfatta elettorale della sinistra non è anche figlia di questo sfacelo culturale dell'antifascismo?
L'elettorato non si riconosce più in un patrimonio culturale e ideale. Si è interrotto il filo nato dalla Resistenza e dalla Costituzione. Questo comune patrimonio rappresenta un tessuto connettivo del quale la sinistra non può fare a meno. Se non si tiene presente questo, non si può fare nessuna battaglia culturale. Altrimenti tutto passa, tutto viene accettato. Anche operazioni in apparenza innocue come la dedica di una via a un esponente politico del neofascismo, sono fatti importanti perché creano un legame di identificazione nelle persone che abitano in quel territorio. Che esempio tramandiamo?

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